INDEBITA PERCEZIONE DEL REDDITO DI CITTADINANZA
Cosa rischia chi attesta il falso?
Il reddito di cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro introdotta nel 2019 attraverso le legge n. 4 per contrastare la povertà e l’esclusione sociale dei cittadini. L’erogazione del reddito di cittadinanza è subordinata alla presenza di alcuni presupposti che attengono alle condizioni economiche e patrimoniali del potenziale percettore e della sua famiglia.
Difatti, potranno beneficiare del reddito di cittadinanza solo coloro che si trovano in uno stato di disoccupazione e abbiano un ISEE inferiore ai 9.360 euro. In aggiunta, il patrimonio immobiliare non potrà essere superiore ai 30.000 euro e quello mobiliare dovrà essere inferiore ai 6.000 euro, soglia incrementata di 2.000 euro per ogni componente del nucleo familiare.
Tuttavia, le truffe per ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza sono all’ordine del giorno. Uno dei modi più comodi per riuscire ad ottenere il sussidio è quello di procedere a dichiarazioni mendaci. Al beneficiario del reddito di cittadinanza, la legge impone, nello specifico, due obblighi informativi, diversi per oggetto e collocazione temporale, e ad essi ricollega due differenti sanzioni.
In particolare, l’art. 7 del decreto-legge n. 4 del 2019 stabilisce le conseguenze penali nell’ipotesi di false od omesse dichiarazioni prevedendo che: “chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni”. Si tratta di un reato connotato da dolo specifico e realizzabile attraverso una pluralità di condotte, attive e omissive, riferite alle informazioni dovute in sede di presentazione della domanda di accesso al beneficio.
Dall’altra, il comma 2 stabilisce che nel caso di “omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio” la pena prevista è, invece, la reclusione da 1 a 3 anni incriminando così il “mancato aggiornamento”.
Si tratta di reati volti a tutelare la pubblica amministrazione da falsità, anche mediante omissioni, nelle dichiarazioni necessarie per valutare le condizioni di ammissibilità al beneficio oppure per il suo mantenimento. Non è quindi necessario che, a seguito del mendacio, il danno per lo Stato si sia effettivamente realizzato.
INDEBITA PERCEZIONE DEL REDDITO DI CITTADINANZA
Cosa rischia chi attesta il falso?
Anche la giurisprudenza ha dato una stretta su questi fenomeni e non lascia scappatoie: in una nuova sentenza la Cassazione ha affermato che la pena detentiva va applicata anche a chi nonostante le false dichiarazioni rese avrebbe avuto comunque diritto alla percezione del reddito. In particolare, la Suprema Corte con sentenza n. 2402/21 ha stabilito che il reato è comunque integrato in base alle “false indicazioni od omissioni di informazioni dovute dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio”.
La Corte richiama il dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni dalle quali riceve un beneficio economico e proprio per questo per violare il “patto di fedeltà” sarà sufficiente rilasciare dichiarazioni mendaci e non è necessario che, in concreto, siano superate le soglie reddituali previste dalla legge.