Studio legale Tributario Pirro Milano
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FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza dalla Commissione tributaria regionale, che, accogliendo parzialmente l’appello dell’Ufficio, aveva rideterminato il reddito accertato ai fini Irpef per l’anno d’imposta.
Il contenzioso aveva tratto origine dalla cessione a terzi, da parte della contribuente, di un terreno a vocazione edificatoria, per il quale era stato dichiarato un corrispettivo di 30.000,00 euro.
L’operazione -per la quale la contribuente non aveva dichiarato la plusvalenza neppure sul prezzo indicato nell’atto di compravendita- era stata oggetto di rettifica, ai fini dell’imposta di registro, nei confronti degli acquirenti, che avevano definito l’accertamento con adesione al valore di 82.450,00 euro.
Nel successivo accertamento nei confronti della contribuente l’Agenzia delle entrate aveva determinato la plusvalenza conseguita dalla cedente tenendo conto del medesimo valore.
La contribuente aveva adito il giudice tributario per contestare la pretesa erariale.
La Commissione tributaria provinciale, con sentenza aveva accolto integralmente le ragioni della contribuente.
Era seguito l’appello dell’Agenzia, che con la sentenza ora al vaglio della Corte aveva accolto le doglianze dell’Amministrazione finanziaria limitatamente alla parte di debito erariale corrispondente al corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita.
Per il resto aveva invece ritenuto fondato il ricorso introduttivo della contribuente, non condividendo l’identità assoluta delle basi imponibili dell’imposta di registro e dell’Irpef, come preteso dall’Amministrazione, senza che vi fossero ulteriori elementi addotti dall’Ufficio a sostegno degli esiti dell’accertamento.
L’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza con un unico motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 81, comma 1, lett. b), vigente ratione temporis (ora corrispondente all’art. 67, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), degli artt. 2727, 2729, 2697 cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., dell’art. 51, commi 1, 2 e 4, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per aver escluso che il valore accertato in via definitiva ai fini dell’imposta di registro legittimava l’accertamento presuntivo della plusvalenza conseguita dal venditore per la medesima operazione. Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza, con ogni conseguente determinazione.
Sì è costituita la controricorrente, contestando le ragioni del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto. RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo dell’Agenzia delle Entrate va rigettato. L’Amministrazione sostiene che il giudice regionale ha erroneamente escluso che la plusvalenza conseguita dalla cessione di terreni edificabili possa derivare dalla mera trasposizione dei valori accertati ai fini dell’imposta di registro. Ha rappresentato peraltro che nel caso di specie il maggior valore determinato ai fini dell’imposta di registro era stato definito con accertamento per adesione.
Le argomentazioni della ricorrente ripercorrono l’orientamento interpretativo della disciplina anteriore alla introduzione dell’art. 5, comma 3, del d.lgs. 22 settembre 2015, n. 147, il quale ha espressamente disposto che «Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5 bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347».
A seguito dell’intervento legislativo, la cui norma costituisce interpretazione autentica della previgente disciplina con efficacia dunque retroattiva, questa Corte ha mutato orientamento ed ha affermato che ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi l’art. 5 cit. esclude che l’Amministrazione possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (cfr. Cass., 18/04/2018, n. 9513; 02/08/2017, n. 19227; 17/05/2017, n. 12265; 06/06/2016, n. 11543).
È necessario invece che l’Ufficio individui ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, che a sua volta, ove voglia contestare le determinazioni dell’Amministrazione finanziaria, è gravato della prova contraria (Cass., 08/05/2019, n. 12131). L’interpretazione autentica della disciplina, laddove è previsto che il maggior corrispettivo ai fini dell’imposta di registro sia stato chiarato, accertato o definito», va intesa nel senso della irrilevanza della sua determinazione non solo in sede di accertamento, ma anche in occasione della sua definizione con adesione, ai sensi del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218. Ebbene, la motivazione della sentenza del giudice regionale, accogliendo per quanto di ragione l’appello dell’Amministrazione finanziaria, aveva escluso la meccanica trasposizione delle risultanze emergenti dalla rettifica e liquidazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali all’attività di accertamento delle plusvalenze derivanti dalla vendita di terreni a vocazione edificatoria.
A tal fine aveva avvertito che l’accertamento era stato fondato sulla sola determinazione del valore del terreno ai fini dell’imposta di registro, senza tener conto della diversa natura dei tributi e del diverso meccanismo di determinazione del valore del bene ceduto. Aveva ritenuto che invece l’Ufficio avrebbe dovuto supportare l’accertamento con altri elementi, concludendo che diversamente la plusvalenza poteva essere riconosciuta nei limiti di quanto dichiarato nell’atto di compravendita. La decisione è coerente con quanto ormai afferma la giurisprudenza alla luce della norma di interpretazione.
In conclusione il ricorso della Amministrazione va rigettato.
Avuto riguardo alla sopravvenienza, a giudizio pendente, dell’art. 5, co. 3, del d. Igs. n. 147 del 2015, che ha definitivamente chiarito la portata della disciplina, sicché la stessa Corte di legittimità ha mutato orientamento in materia, sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.
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P.Q.M.
Rigetta il ricorso della Agenzia delle Entrate.