Contestava l’Ufficio la gestione ed il calcolo dell’imposta sulle operazioni a premio consistenti nell’offerta di beni in natura ai clienti che avessero acquistato un determinato quantitativo di prodotti conseguentemente l’Agenzia delle Entrate rideterminava l’imposta rapportando l’importo del contributo ed il valore normale del premio offerto, recuperando l’imposta indebitamente detratta; il richiamo normativo operato ha chiara natura extra tributaria ovverosia un regolamento emanato dal Ministero delle attività produttive, al posto della specifica normativa IVA
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
FATTO
La Società ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale avverso gli avvisi di accertamento in materia di IVA. Mediante tali atti impositivi l’Agenzia delle Entrate Direzione Regionale, recuperava maggiore imposta IVA ed accessori. Contestava l’Ufficio la gestione ed il calcolo dell’imposta sulle operazioni a premio consistenti nell’offerta di beni in natura ai clienti che avessero acquistato un determinato quantitativo di prodotti. A seconda del numero di prove d’acquisto raccolte, il premio poteva essere ricevuto gratuitamente, oppure dietro corresponsione di un contributo in denaro. Per tale ultimo aspetto la Società procedeva a detrarre parzialmente l’IVA in misura pari al rapporto percentuale tra l’importo del contributo ed il costo sostenuto per l’acquisto del premio. Ad avviso dell’Ufficio tale metodologia non risultava corretta posto che l’art. 3 comma II del DPR 430/2001 stabiliva che” il premio consiste nello sconto di prezzo rappresentato dalla differenza tra il valore normale del bene offerto ed il contributo richiesto”. Conseguentemente l’Agenzia delle Entrate rideterminava l’imposta rapportando l’importo del contributo ed il valore normale del premio offerto, recuperando l’imposta indebitamente detratta. La Ricorrente contestava in fatto ed in diritto l’avviso di accertamento chiedendone l’integrale annullamento. Resisteva l’Agenzia delle Entrate Direzione Regionale che costituitasi nei separati giudizi concludeva per il rigetto del ricorso. I giudici di primo grado con tre sentenze accoglievano i ricorsi compensando fra le Parti le spese di giudizio. Ha quindi proposto distinti appelli l’Agenzia delle Entrate Direzione Regionale concludendo per la riforma delle pronunce di primo grado con rifusione delle spese di lite. Resiste la Contribuente appellata controdeducendo e riproponendo le questioni assorbite dai giudici di prime cure e concludendo per l’integrale rigetto degli appelli con vittoria di spese di lite.
Motivi della decisione.
Gli appelli dell’Ufficio sono infondati. Va premesso che identica controversia è già stata oggetto di decisione da parte di questa Commissione tributaria Regionale, risolta con sentenza 77/2020 dd. 3.2.2020, le cui motivazioni vanno condivise non sussistendo valide ragioni per discostarsene. Osserva il Collegio che l’appellante ritiene errate le sentenze della Commissione tributaria Provinciale posto che i giudici di primo grado non avrebbero tenuto in debita considerazione l’art. 3 comma II del DPR 430/2001 che stabilisce che “il premio consiste nello sconto di prezzo rappresentato dalla differenza tra il valore normale del bene offerto ed il contributo richiesto“. Va osservato che il richiamo normativo operato ha chiara natura extra tributaria inerente la revisione organica della disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio nonché delle manifestazioni di sorte locali, con il particolare fine di tutelare il consumatore. Non è dato di comprendere come il particolare meccanismo di detraibilità dell’IVA possa essere disciplinato da un regolamento emanato dal Ministero delle attività produttive, al posto della specifica normativa IVA. Correttamente i giudici di primo grado hanno confermato che la quota detraibile non può che essere pari al rapporto tra il contributo richiesto al consumatore e costo sostenuto per l’acquisizione del bene oggetto del premio, risultante dalla fattura d’acquisto. Infatti l’assegnazione del premio non può considerarsi “premio” per la parte corrispondente al contributo, il quale ha natura di vero e proprio corrispettivo per una cessione di beni, ed ai fini della tassazione: nel caso di premi imponibili ai fini IVA, va operata una parziale rettifica della detrazione al fine di correggere l’iniziale indetraibilità dell’imposta sugli acquisti destinati originariamente ad operazioni a premio. Risultano pienamente condivisibili le argomentazioni svolte dall’ A.F. nella risoluzione n. 94/2001 “Al riguardo, si osserva che l’assegnazione del bene non può, per la parte corrispondente al pagamento del contributo, considerarsi “premio” e rientrare nella disciplina delle operazioni di cui al citato regio decreto legge n. 1933 del 1938 e successive modificazioni. Come precisato nella circolare 89/E del 24 marzo 1998, in tali operazioni il premio è costituito dallo “sconto (premio) relativo alle operazioni a premio che prevedono il pagamento di un contributo da parte del destinatario” e non anche dal contributo versato da quest’ultimo; Tale somma assume invece natura di corrispettivo per una cessione di beni: il requisito della parziale onerosità del trasferimento vale ad escludere che lo stesso bene, per la parte assoggettata a corrispettivo, possa configurarsi quale premio. Si evidenzia che, in concreto, il bene è utilizzato promiscuamente per realizzare sia un’operazione soggetta ad Iva – per la parte corrispondente al contributo – sia un’operazione esclusa dal tributo – per la parte che costituisce operazione a premio, ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lettera m). La rilevata discordanza tra la previsione d’impiego dei beni inizialmente destinati a premio e la loro effettiva prima utilizzazione, ancorché riferita ad una parte del premio, determina la parziale detraibilità dell’Iva assolta sull’acquisto dei suddetti beni. A tale fine; la Società potrà avvalersi dell’istituto della rettifica della detrazione per cambio di destinazione del bene, di cui all’articolo 19-bis2, comma 1, del citato D.P.R. n. 633 del 1972. Il ricorso all’istituto della rettifica della detrazione si giustifica, nel caso di specie, con la necessità di correggere l’iniziale indetraibilità dell’imposta sugli acquisti dei beni destinati ad operazioni a premio, in relazione all’effettivo utilizzo dei beni stessi. La suddetta rettifica, ai sensi dell’ultimo comma del già citato articolo 19-bis2, deve essere effettuata, sulla base delle risultanze delle scritture contabili, nella dichiarazione annuale Iva relativa all’anno in cui si verificano gli eventi che la determinano. In relazione alla misura della rettifica, occorre tener presente, come precedentemente rilevato, che il bene risulta utilizzato in parte per realizzare operazioni imponibili ed in parte per operazioni escluse. Per i beni ad uso promiscuo, si rende applicabile l’articolo 19, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, il quale stabilisce che spetta una detrazione parziale, rapportata all’entità del loro impiego in operazioni soggette all’imposta. Ai fini della determinazione della quota detraibile, come precisato nella Circolare n. 328/E del 24 dicembre 1997, la norma appena citata non detta alcuna regola specifica, ma si limita a stabilire che la rettifica debba avvenire “… secondo criteri oggettivi”, coerenti con la natura dei beni acquistati. Si ritiene che, nel caso in esame, tali criteri siano rispettati se la rettifica della detrazione è effettuata nella misura corrispondente al rapporto tra il contributo richiesto ai consumatori ed il costo sostenuto dalla Società per l’acquisizione del bene oggetto del premio, risultante dall’originaria fattura d’acquisto. Ciò in quanto il costo di acquisto, come precisato nella circolare 335/E del 31 dicembre 1997, costituisce, ai sensi dell’art. 19, comma 8 della legge 449 del 27 dicembre 1997, la base imponibile sulla quale si applica l’imposta sostitutiva nel caso in cui i premi non siano imponibili ai fini Iva. Va altresì osservato che la metodologia di calcolo individuata dall’Ufficio, rapportando l’importo del contributo ed il valore normale del premio offerto, violerebbe il principio di neutralità dell’IVA, in quanto si sostituirebbero valori certi, documentati da fattura con valori aleatori, quale è il valore normale del bene, suscettibile di svariate valutazioni che può anche differire da luogo a luogo.
In conclusione le Sentenze di primo grado vanno integralmente confermate. Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono il principio della soccombenza e si liquidano a favore della Società Contribuente come da dispositivo.
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P.Q.M.
Rigetta gli appelli riuniti e per l’effetto, conferma le Sentenze di primo grado. Condanna l’Ufficio alla rifusione delle spese del presente grado