La ricorrente lamentava la violazione dei principi comunitari di non discriminazione e di libera circolazione dei capitali, eccependo dì essere stata assoggettata a trattamento fiscale deteriore rispetto a quello applicabile ad un soggetto residente. APPELLO DELL’UFFICIO RESPINTO
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Svolgimento del processo
L’ufficio Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Milano II impugna nel presente appello la sentenza della CTP di Milano n. 4406/6/2019.
Deduce i vizi di violazione e falsa applicazione artt. 87 e 151 DPR 917/1986 per la non applicabilità della partecipation exemption (Pex) ai soggetti non residenti; nonché l’erronea disapplicazione della disciplina interna relativa ai limiti di applicabilità del regime di pex di cui all’art. 87 TUIR. Chiede quindi la riforma e di dichiarare la legittimità del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’imposta.
A, incorporante la società C – contribuente appellata si oppone e chiede la conferma della sentenza impugnata.
FATTO E DIRITTO
La società impugnava il silenzio rifiuto formatosi in relazione alla domanda di rimborso, presentata il 14/12/2017, avente ad oggetto la presunta eccedenza IRES versata dalla C nel 2016 per complessivi euro 600.497,83.
Nell’istanza di rimborso la A deduceva che l’incorporata C in data 2.11.2016 aveva ceduto l’intera partecipazione, pari al 24,5%, della CI SRL, al prezzo di euro 5.444.338,00.
La ricorrente rilevava, quindi, che la C aveva presentato il modello UNIC0/2017, dichiarando una plusvalenza di euro 4.884.158,00 e versando un’imposta di euro 667.655,00, trattandosi di redditi prodotti in Italia (art. 151 TUIR) e in ossequio alla convenzione sulle doppie imposizioni stipulata tra Italia e Francia base alla quale “gli utili derivanti dall’alienazione di azioni o di quote … facenti parte di una partecipazione importante nel capitale di una società residente dì uno Stato, sono imponibili in detto Stato”.
La ricorrente lamentava la violazione dei principi comunitari di non discriminazione e di libera circolazione dei capitali, eccependo dì essere stata assoggettata a trattamento fiscale deteriore rispetto a quello applicabile ad un soggetto residente.
Ciò in ragione del fatto che le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni da parte di società residenti, o aventi in Italia una stabile organizzazione, sono soggette al regime della partecipation exemption (“Pex”) dì cui all’art. 87 D.P.R. 917/1986. Pertanto il reddito imponibile ai fini IRES è pari al 5% della plusvalenza. Detto regime fiscale, come esposto dalla ricorrente stessa, ” non trova applicazione alle società non residenti per espresso disposto dell’art. 151 TUIR a norma del quale, come di seguito meglio illustrato, i soggetti non residenti sono assoggettati ad imposizione in Italia limitatamente ai redditi ivi prodotti e detti redditi sono determinati secondo le disposizioni di cui al titolo I TUIR (disciplina della tassazione delle persone fisiche). Conseguentemente per i soggetti non residenti, la plusvalenza realizzata è tassata ai sensi dell’art. 67 TUIR e il reddito imponibile è pari al 49,72 %, nell’annualità 2016, della plusvalenza realizzata, importo correttamente dichiarato dalla A nella dichiarazione fiscale, modello Unico 2017, presentato per l’annualità 2016″.
Mediante l’istanza di rimborso presentata la A asserendo di essere in possesso di tutti i requisiti applicativi previsti dalla norma e ritenendo illegittima l’applicazione di detto regime di esenzione fiscale ai soli soggetti residenti, chiedeva l’applicazione alla plusvalenza realizzata dalla incorporata C del regime di partecipation exemption di cui all’art 87 TUIR e il rimborso della maggior imposta versata.
Sull’istanza di rimborso presentata dalla A, decorsi 90 giorni dalla sua proposizione, si formava il silenzio – rifiuto dell’Ufficio.
Avverso il silenzio – rifiuto proponeva ricorso la A rilevando i medesimi profili di illegittimità già esposti nell’istanza di rimborso.
L’Ufficio si costituiva tempestivamente in giudizio difendendo la pretesa tributaria.
La CTP di Milano con sentenza nr. 4406/06/2019 ha accolto il ricorso proposto dalla A, con compensazione delle spese di lite, rilevando che “La società ricorrente, oltre ad aver dimostrato di possedere i requisiti di cui all’art. 87 del TUIR per potere beneficiare della Pex, può certamente essere destinataria dell’applicazione dei principio di portata generale affermato dalla Corte di Giustizia Europea nella causa C-540/07 in base al quale non è consentito trattare differentemente ai fini fiscali una società nazionale(italiana) rispetto ad una comunitaria (francese) ,costituendo, nel caso, una violazione del Trattato Europeo.
Nello specifico, appare dunque ingiustificata la disparità di tassazione che, in presenza di analogo presupposto impositivo (la cessione di plusvalenze di quote partecipative in società italiane) subiscono soggetti residenti (tassati sul 5%} e soggetti non residenti tassati sul 49,72%”.
Ad avviso dell’Ufficio la sentenza emessa dalla CTP appare chiaramente erronea e carente di motivazione, essendosi il Giudice di primo grado limitato a richiamare la sentenza resa dalla Corte di giustizia nella causa C- 540/07 sulla discriminazione nel regime di tassazione dei dividendi in uscita, ritenendo che i principi in essa espressi conducano automaticamente alla disapplicazione delle disposizioni nazionali in esame.
La sentenza della CTP di Milano apparirebbe inoltre erronea nel punto in cui asserisce che “del tutto infondata risulta l’eccezione sollevata dall’Ufficio il quale subordina la fruizione del regime della partecipation exemption al requisito della presenza della stabile organizzazione che deve avere il soggetto estero”.
La participation exemption {PEX) è il regime delle plusvalenze esenti disciplinato dall’art. 87 TUIR.
La PEX prevede che le plusvalenze realizzate nel relativo regime non rientrino tra i ricavi soggetti a tassazione IRES o, per meglio dire, concorrano in percentuale minima al reddito imponibile dell’impresa.
Il regime si applica ai soggetti di cui all’art. 73 del D.P.R. n. 917/1986 e in particolare alle società di capitali, alle società cooperative, alle società di mutua assicurazione, alle società in nome collettivo e in accomandita semplice (comprese le società di fatto che abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali), alle società di armamento, agli enti pubblici e privati diversi dalle società, relativamente all’attività di impresa commerciale da essi esercitata, inclusi i consorzi e le associazioni non riconosciute. Sono quindi escluse le società semplici, gli enti ad esse equiparati, gli investitori istituzionali e le persone fisiche.
Le plusvalenze generate in regime PEX concorrono alla formazione del reddito imponibile del soggetto IRES solo nella misura del 5% in base all’articolo 87 TUIR.
Le minusvalenze generate da azioni in regime PEX non rilevano ai fini IRES, anche nel caso di chiusura della società partecipata, cioè quando le sue quote sono eliminate dall’attivo del bilancio della partecipante con la cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 101 TUIR).
Le società beneficiate devono detenere la partecipazione “dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente”. Le partecipazioni devono essere classificate nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso. Inoltre, la residenza fiscale della società partecipata deve situarsi in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 167, comma 4. Cioè la partecipata non deve essere residente in un paradiso fiscale; la società partecipata deve essere un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’art. 55 TUIR.
La ratio della PEX deriva dalla chiara volontà di consentire i riassetti delle partecipazioni di gruppi societari e holding che sono così liberi di gestire i propri portafogli senza generare carichi fiscali che ne ingesserebbero la gestione, fino a quando le plusvalenze non “trasmutano” in dividendo e sono assoggettate a tassazione in capo all’azionista. La PEX risponde quindi all’esigenza di evitare anche la doppia imposizione, che può determinarsi quando una società pagasse l’imposta al momento della produzione del reddito da cessione e il socio della stessa pagasse a sua volta l’imposta sugli utili (ciò spiega perché il precedente regime superasse la doppia imposizione riconoscendo un credito di imposta al secondo soggetto).
Alla luce di quanto detto, il giudice di prime cure appare aver fatto corretta applicazione della norma, riconoscendo il rimborso al contribuente contro il diniego dell’Ufficio, ciò indipendentemente dalla stabile organizzazione della società.
La società partecipata beneficia del regime, infatti, purché residente fiscalmente in uno Stato o territorio di cui al D.M. emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del DPR n 917/86, con il quale devono essere individuati gli Stati membri e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia (c.d. “white list”).
Così nel caso in esame.
Va, quindi, rigettato l’appello per le ragioni esposte, con conseguente conferma della sentenza di prime cure.
Stante la complessità delle questioni giuridiche coinvolte, le spese sono compensate.
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P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello e conferma la sentenza impugnata.
Compensa le spese.