Studio legale Tributario Pirro Milano
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Nella Civile Sent. Sez. 5 Num. 13565 Anno 2021 la contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio e in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’originario ricorso della contribuente avverso un avviso di accertamento IVA e IRPEF.
- Il ricorso è affidato a otto motivi. 3. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il secondo e il sesto motivo, da esaminarsi congiuntamente. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2313, 2318, 2322 cod. civ. Con il sesto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 102 cod. proc. civ., 2313, 2322, 2320 cod. civ. La ricorrente fa valere la circostanza che, nell’anno di imposta cui si riferisce l’accertamento (1999), ella rivestiva la qualità di socia accomandante della società di persone; ne scaturirebbe la carenza della propria legittimazione passiva a ricevere l’avviso di accertamento relativo alla società, dato che ex art. 2313 cod. civ. nella società per accomandita semplice il socio accomandante risponde verso i terzi solo nei limiti della quota conferita, salva l’ipotesi di ingerenza dell’amministrazione, che qui non ricorre. 12. In effetti, la CTR ha ritenuto la integrale responsabilità della Manzi per l’obbligazione tributaria della società sul solo presupposto che ella ne fosse socia (accomandante). 13. In tal modo, la CTR ha violato l’art. 2313 cod. civ. 14. Tale disposizione, nello stabilire la responsabilità illimitata e solidale dei soci accomandatari per le obbligazioni sociali, ma quella dell’accomandante limitata alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei confronti dell’accomandante; essa si limita a fissare la responsabilità dell’accomandante nei confronti della società, a regolare cioè i rapporti interni alla compagine sociale. 15. Tale interpretazione, che trova il conforto della dottrina maggioritaria e più recente, è confermata dalle deroghe a tale regola che pure il codice contempla: l’art. 2314 cod. civ., che prevede la responsabilità illimitata di fronte ai terzi del socio accomandante che consenta all’inserimento del proprio nome nella ragione sociale; l’art. 2320 cod. civ., che tale illimitata e solidale responsabilità fa derivare dalla violazione del divieto di immistione da parte dell’accomandante; l’art. 2324 cod. civ., che consente ai creditori di far valere i propri crediti nei confronti dei soci accomandanti in sede di liquidazione. Nella specie, nessuna di tali circostanze è stata dedotta; l’unico passaggio della sentenza impugnata in cui si fa riferimento al ruolo dell’accomandante in quanto tale è quello in cui si afferma che “essendo socia accomandante, la Manzi, secondo l’Ufficio aveva un obbligo di vigilanza e conoscenza dei bilanci”, quasi a ritenere, erroneamente, che la sua responsabilità derivi da un non meglio precisato obbligo di vigilanza. 17. Va dunque ribadito quanto già affermato da questa S.C. in altra precedente occasione, ossia che «il socio accomandante è privo di legittimazione – attiva e passiva – rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società in accomandita semplice, fra le quali rientra quella concernente l’IVA che, alla stregua delle considerazioni sopra esposte, non può avere effetti riflessi sul socio accomandante, a nulla poi rilevando, in punto di legittimazione attiva, la notifica dell’avviso al socio accomandante» (Cass. 24/01/2013, n. 1671, cui ha fatto seguito Cass. 22/0572020, n. 9429). 18. In senso contrario non depone la giurisprudenza di questa S.C. che pure ha affermato la responsabilità diretta del socio accomandante verso l’erario o che comunque ha riconosciuto all’accomandante la qualità di contribuente (v. Cass. 23/12/2014, n. 27337 per tutte). 19. Tali pronunce sono state infatti rese in materia di imposte sul reddito. 20. Anche con riferimento alla responsabilità del socio accomandante occorre operare quella distinzione che, sia pure ad altri fini, viene fatta, con riferimento alle società di persone, tra obbligazioni tributarie in materia di IVA e obbligazioni tributarie che nascono dall’accertamento dei redditi d’impresa. 21. In questo secondo caso, secondo la nota regola dettata dall’art. 5 TUIR, i redditi delle società di persone, incluse le società in accomandita semplice, «sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili». Rispetto alle imposte sul reddito, la norma prevede l’imputazione per trasparenza del reddito della società a ciascun socio e non fa differenza tra le diverse tipologie di società di persone (con il conseguente litisconsorzio necessario tra soci e società). 22. Devono dirsi pertanto coerenti con tale regola le sentenze in materia di ILOR o di altre imposte sui redditi, che hanno affermato la responsabilità per il debito tributario direttamente anche del socio accomandante. 23. In materia di IVA, invece, fermo restando che la responsabilità dei soci è comunque sussidiaria rispetto a quella della società, l’obbligazione tributaria si plasma sulla struttura della responsabilità della singola società di persone. 24. Ne consegue che, per la società in nome collettivo, tutti i soci rispondono solidalmente delle obbligazioni sociali tributarie connesse all’IVA (con esclusione tuttavia del litisconsorzio necessario – Cass. 11/05/2016, n. 9527) perché l’art. 2291 cod. civ. prevede una responsabilità illimitata di tutti i soci (v. Cass. 06/07/2016, n. 13805). 25. Per la società in accomandita semplice invece tale responsabilità illimitata vale, appunto in base all’art. 2213 cod. civ., solo per gli accomandatari (v. Cass. 13710/2011, n. 21074; più di recente in materia previdenziale v. Cass. 25/02/2019, n. 5428). 26. Ciò è sufficiente a viziare la sentenza impugnata, che ha ritenuto che in capo all’accomandante la qualità di socio sia sufficiente a fondare la sua responsabilità verso i creditori sociali. 27. I restanti motivi devono considerarsi assorbiti. La carenza di legittimazione del socio accomandante, unico ricorrente, rende infatti invalido “ab origine” l’avviso di accertamento impugnato, giustificando la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la decisione della causa nel merito, con l’accoglimento dell’originario ricorso della Manzi. 28. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il ricorso in relazione al secondo e sesto motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidandole in complessivi euro 10.000,00, oltre spese forfettarie, IVA e CPA; compensa le spese dei giudizi di merito.
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