Accolto l’originario ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate ingiustamente riprendeva a tassazione le manifestazioni della maggiore capacità contributiva: non indicava gli elementi alla base dell’accertamento (onere della prova) e non prendeva in esame la documentazione del contribuente.
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A seguito di verifica contabile condotta attraverso l’invio di un questionario al contribuente e risultato vano l’esito del contraddittorio preventivamente instaurato, l’Agenzia delle Entrate procedeva, con metodo sintetico, alla rettifica del reddito complessivo per il periodo d’imposta 2005.
In specie, l’Ufficio acclarava in capo al contribuente la disponibilità di un immobile della superficie di mq 170 (concesso in uso gratuito dai genitori e destinato ad abitazione), di tre autovetture (di cui una di grossa cilindrata) e di un’imbarcazione a motore; individuato l’importo reddituale attribuito ai singoli beni come indice di ricchezza in applicazione del c.d. redditometro, determinava il maggior reddito percepito ai fini IRPEF e con avviso di accertamento recuperava a tassazione l’imposta non versata, maggiorata di sanzioni ed interessi.
Avverso la sentenza d’appello ricorre per cassazione il contribuente, affidandosi a sei motivi illustrati da memoria; resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate.
Con il primo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 13 della legge 27 luglio 1978, n. 392 e del cl.m. 10 settembre 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che le circostanze addotte a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito contestato erano state ritenute valide ed idonee a tale scopo da altra pronuncia della C.T.R., passata in giudicato di declaratoria di illegittimità degli avvisi di accertamento relativi alle due successive annualità d’imposta (2006 e 2007), con rettifica del reddito operata dall’Ufficio sulla base di identici presupposti di fatto e sempre con modalità sintetica.
Con i successivi tre mezzi di gravame, proposti ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., è denunciata la violazione sotto plurimi e differenti profili delle disposizioni regolanti l’accertamento sintetico operato a mezzo del c.d. redditometro (l’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; il d.m. 10 settembre 1992).
Più specificamente, il ricorrente assume che: – la sentenza impugnata non ha tenuto conto, onde vincere la presunzione semplice generata dal condotto accertamento dell’A.F., dell’apporto di reddito da parte dei componenti del nucleo familiare del contribuente, estrinsecato, in particolar modo, dall’uso collettivo dell’immobile adibito ad abitazione, dall’impiego ad opera della moglie per spese della famiglia di disponibilità finanziarie giacenti su un conto bancario cointestato con la nonna, dalla titolarità e contitolarità in capo alla stessa coniuge rispettivamente di un’autovettura e della imbarcazione (secondo motivo);
La pronuncia gravata ha altresì erroneamente considerato nella esclusiva disponibilità del contribuente l’immobile, adoperato invece come casa di abitazione dell’intero nucleo familiare, con derivante necessità della proporzionale riduzione dell’importo computabile con lo strumento redditometrico (terzo motivo);
L’impiego della modalità di determinazione sintetica del reddito non era consentito (come invece accaduto nell’avviso di accertamento in discorso) con riferimento ad un unico periodo d’imposta senza nemmeno indicare lo scostamento reddituale per altre annualità, risultando peraltro definitivamente annullati, per effetto di sentenza passata in giudicato, gli accertamenti di maggior reddito operati per gli anni 2006 e 2007 (quarto motivo).
- Con ulteriori due mezzi di gravame, ambedue ricondotti sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta che la pronuncia impugnata non abbia speso “una riga della motivazione” circa la illegittimità dell’atto impositivo per difetto del presupposto della incongruità accertata per due o più periodi d’imposta (quinto motivo) nonché circa la non corretta irrogazione delle sanzioni, ad onta della eccepita mancanza di motivazione sui criteri valutati ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (sesto motivo).
- É fondato il quarto motivo, con assorbimento degli altri.
La metodologia sintetica di (ri)determinazione del reddito tramite predeterminati e specifici indici di capacità di spesa postula, dunque, la necessaria e contestuale ricorrenza di tre presupposti: (i) la sussistenza, in capo al contribuente, di «elementi e circostanze di fatto certi», consistenti nella disponibilità dei beni o servizi descritti dal d.m. 10 settembre 1992; (ii) lo scostamento di «almeno un quarto da quello dichiarato» del reddito accertabile per effetto dei parametri di valorizzazione contrassegnanti il redditometro; (iii) la non congruità del reddito dichiarato rispetto a quanto ricostruito dall’Amministrazione finanziaria «per due o più periodi di imposta». In ordine al requisito da ultimo descritto, come ha ben chiarito questa Corte, «il reiterarsi dello scostamento per più annualità è richiesto dalla norma, in ossequio del principio logico secondo cui, se alla disponibilità di un certo bene consegue di necessità il suo mantenimento economico, tale situazione, salvo casi eccezionali, non si risolve in eventi occasionali, ma, al contrario, implica una serie di spese che presuppongono redditi a tal fine capienti, da valutare in un ambito temporale pluriennale» (così Cass. 28/10/2015, n. 21995).
Accolto il ricorso per l’illustrata ragione e cassata la sentenza impugnata, la causa, non richiedendo ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso; accoglie il quarto motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito la lite, accoglie l’originario ricorso del contribuente; compensa tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e condanna parte resistente al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 percento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
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