L’Amministrazione della società contribuente non aveva potuto depositare i libri contabili a causa di un attacco hacker ma, appena possibile, provava che i ricavi giudicati omessi erano stati regolarmente contabilizzati: accoglimento dell’appello della contribuente e annullamento dell’avviso di accertamento.

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Nella sentenza del 01/12/2020 n. 2804 della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia Sezione 12 di cui in epigrafe vediamo come, inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano rigettava il ricorso presentato da T. B. socio unico con quote del 100% della s.r.l. V. O. avverso l’avviso di accertamento per l’anno 2013 emesso dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Monza e Brianza, con il quale era stato accertato a carico della contribuente un reddito imponibile di euro 29.513,30, derivante da redditi di partecipazione alla società, con conseguenti maggiori imposte di euro 12.497,00, oltre accessori.

Contro la decisione di primo grado presentava appello la contribuente, deducendo:

– il verbale di constatazione in data 8.11.2014 redatto dalla Guardia di Finanza di M. L. non ha tenuto conto della circostanza che la società N. non aveva potuto depositare i libri contabili a causa di un attacco hacker presso lo studio commerciale associato E.-D.-A., evento che aveva reso indisponibili i documenti contabili;

– l’attribuzione al socio unico dei presunti redditi della società è frutto di una doppia presunzione, vietata dall’ordinamento; ne consegue che la presunzione della distribuzione ai soci degli utili societari non contabilizzati deve basarsi su elementi concreti dai quali ricavare con certezza l’avvenuta produzione di utili extracontabili, oltre alla consapevolezza di tale circostanza da parte dei soci e l’effettiva avvenuta distribuzione degli utili medesimi, elementi che non sono stati in alcun modo provati dall’Ufficio impositore;

– mancata richiesta di chiarimenti alla contribuente, come prescritto dall’art. 37 bis DPR 600/73;

– mancanza di motivazione dell’avviso di accertamento;

– la contribuente, appena acquisiti i documenti dallo studio del commercialista, aveva provato che i ricavi giudicati omessi erano stati viceversa regolarmente contabilizzati in data 30 giugno 2013 e le somme erano coincidenti con quanto accertato dalla Guardia di Finanza;

– la ripresa a reddito della somma di euro 19.708,05, relativa a un saldo negativo di cassa è errata, poiché, come risulta dal partitario di cassa, il saldo è stato sempre positivo;

– la contribuente, a far tempo dall’anno 2012 aveva effettuato versamenti come finanziamento soci al fine di arginare le gravi perdite della società, senza riuscire, tanto che, a seguito delle ultime perdite, si era deciso di metterla in liquidazione;

– la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate hanno omesso di considerare il versamento soci in conto aumento capitale di euro 119.676 nell’anno di imposta 2013; ove tale contabilizzazione fosse stata presa in considerazione, sarebbe stato azzerato il maggior reddito di 59.359,00 accertato.

La contribuente chiedeva, pertanto, in riforma della sentenza impugnata, la dichiarazione di nullità dell’avviso di accertamento, con vittoria di spese.

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate e chiedeva la conferma della sentenza impugnata e ribadendo la legittimità dell’attribuzione al socio unico dei maggiori redditi accertati in capo alla società.

Alla pubblica udienza del 7 settembre 2020 le parti illustravano le rispettive difese e concludevano riportandosi ai propri atti. La causa era trattenuta in decisione, discussa in Camera di Consiglio lo stesso giorno e decisa con la presente sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La decisione della causa deve muovere dalla valutazione dei fatti che hanno condotto all’emissione dell’avviso di accertamento.

In data 20.5.2016 l’Agenzia delle Entrate notificava alla s.r.l. V. O., in persona del liquidatore S. A., avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2013 con il quale, sulla base di accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza compendiati nel PVC allegato, contestava la mancata contabilizzazione di ricavi nella misura di 110.703,16, relativi a fatture di vendita specificamente indicate; inoltre, accertava ulteriori ricavi nella misura di 19.708,05 euro relativi al maggiore saldo di cassa registrato al 31.12.2013; conseguentemente accertava un maggiore reddito di impresa pari a euro 59.359,21.

Avverso tale avviso di accertamento presentava ricorso il S., nella qualità di liquidatore e la Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 1817 in data 7.4.2017, dichiarava inammissibile il ricorso per tardività.

Nessun dubbio, per giurisprudenza costante della Suprema Corte, richiamata dalle parti, che in presenza di società di capitali a ristretta base azionaria, in caso di accertamento di utili non contabilizzati, opera la presunzione dell’attribuzione degli utili pro-quota ai soci degli utili stessi a motivo della ristrettezza della base sociale e del vincolo di solidarietà e di reciproco controllo da parte dei medesimi che la gestione sociale.

Tuttavia, afferma la Suprema Corte (vedi tra le tante, Cass. N. 15334/2013), è salva la possibilità per il contribuente, di dimostrare la mancanza di utili o la mancata distribuzione degli stessi.

Ora, se pure l’avviso di accertamento nei confronti della società sia divenuto definitivo, è altrettanto accertato che l’atto impositivo non è stato notificato alla odierna appellante che, quindi, non è stata messa in condizione di esporre le sue ragioni.

  1. B., infatti, è venuta a conoscenza di tale atto impositivo quando le è stato notificato avviso di accertamento con il quale, a motivo del suo status di socio unico della s.r.l. V O, le sono stati attribuiti redditi di capitale pari al 49% dell’ammontare degli utili nella misura di euro 29.513,30.

Tale accertamento è il primo atto impositivo notificato alla T. e, quindi, la stessa ben può dimostrare la mancata percezione degli utili non sono perché gli stessi non sono stati distribuiti ma anche nel caso in cui la stessa possa dimostrare che tali utili non si sono realizzati.

Come si è detto, l’accertamento nei confronti della società è scaturito dalla circostanza che non sarebbero state contabilizzate fatture di vendita per l’importo di euro 110.703,12 oltre a un saldo di cassa di euro 19.708,05.

Ora, la T. ha documentato, allegando denuncia presentata dal commercialista della società, che mancata esibizione della contabilità della società nel momento in cui è stato emesso accertamento nei confronti della stessa, è derivato da un problema verificatosi sul sistema contabile del commercialista che tale contabilità gestiva, per il quale, trattandosi di attacco hacker, aveva presentato denuncia.

D’altra parte di tale problema la T. è venuta a conoscenza nel momento in cui ha ricevuto l’avviso di accertamento ritualmente notificato.

Nel corso del giudizio, l’odierna appellante ha prodotto idonea documentazione contabile nella quale le fatture predette risultano regolarmente annotate, nonché le fatture in originale conservate presso il Commercialista; inoltre ha puntualmente illustrato le risultanze contabili che hanno prodotto il risultato negativo indicato per l’anno 2013 a motivo di perdite che sono state puntualmente illustrate.

La stessa, infine, ha dimostrato, attraverso specifiche annotazioni presenti nella contabilità, i versamenti che ha effettuato al fine di ripianare le perdite e l’assenza del saldo di cassa imputato a reddito.

Le scritture, come ampiamente illustrato negli atti di causa, dimostrano che i maggiori utili accertati sono derivati dalla mancata valutazione di tale analitica contabilità.

La documentazione acquisita consente di affermare che nessuna distribuzione degli utili è stata effettuata a favore della contribuente con la conseguenza che l’avviso di accertamento deve essere annullato.

Le circostanze che hanno determinato l’emissione dell’avviso di accertamento nei confronti della società, non imputabile all’ufficio e la produzione solamente in grado di appello della documentazione attestante la regolare tenuta della contabilità consentono di compensare tra le parti le spese del giudizio.

 

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P.Q.M.

La Commissione, in accoglimento dell’appello della contribuente, annulla l’avviso di accertamento indicato nell’intestazione e compensa tra le parti le spese del giudizio.