Studio legale Tributario Pirro Milano
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IL PROCESSO
Con la Sentenza del 20/10/2020 n. 2385 vediamo la Comm. Trib. Reg. per la Lombardia, Sezione 12, statuire che: l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Milano, propone appello avverso la sentenza n. 3585/2018 con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglie il ricorso di D. N. G. avverso la cartella di pagamento emessa dall’Ufficio ai sensi dell’art. 36 ter DPR 600/73 con il quale si richiedeva il pagamento della somma di euro 18.249,00 per l’anno di imposta 2012, dovuta per il mancato riconoscimento del credito di imposta derivante da redditi prodotti all’estero negli anni 2010 e 2011 per decadenza, poiché le somme dovevano essere indicate nelle dichiarazioni relative agli anni in cui le somme erano state percepite.
Rileva il primo giudice che, ferma restando al correttezza delle somme esposte, non contestate, le stesse legittimamente sono state indicate, sia pure in anni diversi, non essendo stato previsto dal legislatore, a seguito nella modifica intervenuta all’art. 165 TUIR, un termine decadenziale per la esposizione dei crediti nella dichiarazione.
L’Ufficio esponeva i seguenti motivi:
-violazione del comma 4 dell’art. 165 TUIR poiché i crediti relativi alle imposte pagate all’estero devono essere indicati nella dichiarazione relativa all’anno di riferimento.
Ai sensi del comma 7 dello stesso articolo, ove il termine per la presentazione della dichiarazione fosse intervenuto prima della definitività dell’imposta pagata all’estero, il contribuente dovrà procedere a nuova liquidazione nella prima dichiarazione utile, con le limitazioni previste dallo stesso comma in ordine al calcolo del reddito.
La norma non è applicabile al caso di specie, poiché il contribuente non ha fornito alcuna prova in ordine alla circostanza che le imposte pagate all’estero siano divenute definitive in data antecedente la presentazione delle relative dichiarazioni, tale non potendosi ritenere il CUD emesso dal datore di lavoro;
– il credito di imposta non può in ogni caso essere riconosciuto per l’anno 2010, poiché il contribuente non ha presentato la dichiarazione dei redditi necessaria ai fini del riconoscimento del credito di imposta;
– la censura che il disconoscimento del credito di imposta non possa essere effettuata attraverso le procedure previste dall’art. 36 ter DPR 600/73 non è fondata, poiché prevista dal testo dell’articolo.
L’Ufficio ha chiesto pertanto, in riforma della sentenza impugnata, la conferma della legittimità della cartella.
Si è costituito il contribuente chiedendo la conferma della sentenza impugnata e rilevando in particolare come non sia previsto alcun termine di decadenza per l’indicazione dei crediti di imposta per i redditi prodotti all’estero.
Il contribuente ha pure precisato che i calcoli deli crediti sono stati eseguiti secondo quanto previsto dal comma 7 dell’articolo 165 citato e, in particolare, di avere calcolato il credito tenendo conto dei redditi relativi a ciascun anno di competenza.
Alla pubblica udienza del 28 settembre 2020 le parti hanno concluso riportandosi alle conclusioni prese nei rispettivi atti.
La causa è stata trattenuta a sentenza e decisa con il presente atto.
Motivi della decisione
L’appello dell’Agenzia delle Entrate è infondato e deve essere respinto.
Rileva preliminarmente la Commissione che il primo giudice, con un percorso argomentativo privo di censure, sia in fatto che in diritto, ha spiegato le ragioni che hanno condotto all’accoglimento del ricorso del contribuente.
Tale motivazione viene qui richiamata e fatta propria dalla Commissione che si limiterà a valutare le specifiche censure rilevabili nei motivi di appello esposti dall’appellante.
Con il primo motivo l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione del comma 4 dell’art. 165 d.p.r.917/86, poiché la detrazione per le imposte pagate nello Stato estero dove i redditi sono stati prodotti debbono, a pena di decadenza, essere richieste nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di detto reddito (2010 e 2011), mentre il contribuente li ha inseriti nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2012, cumulando i redditi.
Non è corretto il richiamo al comma 7 del medesimo articolo, poiché il contribuente non ha provato di avere pagato le imposte in via definitiva nel paese estero.
Il motivo non è fondato.
La dedotta decadenza, non solo non è prevista dalla legge ma è specificamente smentita, sia pure sotto altro profilo, dal disposto del comma 7 dell’art. 165 citato che consente l’esposizione del credito di imposta di cui è causa nella dichiarazione dei redditi dell’anno in cui i versamenti esteri siano divenuti definitivi e siano stati certificati in Italia.
Sulla base di tale normativa il contribuente ha provveduto a ricalcolare il reddito sulla base delle risultanze delle dichiarazioni dei redditi degli anni di competenza, provvedendo al ricalcolo di detto reddito e a esporre il risultato ottenuto nell’apposita sezione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2012.
Non corrisponde al vero, quindi, che il contribuente abbia cumulato i redditi relativi all’anno 2012 con quelli degli anni precedenti, provvedendo a un errato calcolo delle detrazioni spettanti.
Il secondo motivo non è fondato, poiché il contribuente ha fornito prova dell’avvenuto pagamento delle imposte all’estero, dove lavorava per conto di un’impresa italiana, allegando dichiarazione del datore di lavoro.
E’ evidente che, essendo il D. dipendente di un ‘impresa italiana, il calcolo delle detrazioni dovute sia stato effettuato dal datore di lavoro che lo ha certificato, detraendo gli importi sulla base dei calcoli che avrebbe effettuato nel caso in cui il reddito prodotto all’estero fosse stato prodotto in Italia e sulla base dei singoli redditi prodotti negli anni 2010 e 2011.
Ne consegue che tale attestazione rappresenta la prova della definitività delle imposte pagate all’estero verificatasi in data successiva alla presentazione delle relative dichiarazioni.
Con il terzo motivo di appello l’Ufficio deduce che il credito di imposta non poteva in ogni caso essere riconosciuto per l’anno 2010, poiché il contribuente non aveva presentato la dichiarazione dei redditi necessaria ai fini del riconoscimento del credito di imposta.
Anche questo motivo è infondato.
Il contribuente per l’anno indicato non doveva presentare la dichiarazione dei redditi e il calcolo delle detrazioni dovute è stato correttamente effettuato sulla base delle risultanze del CUD a suo tempo rilasciato dal datore di lavoro, unico soggetto deputato a indicare i redditi percepiti e, conseguenzialmente, a rideterminare il reddito a seguito del riconoscimento delle imposte pagate all’estero.
In definitiva, nessuna censura può essere imputata al contribuente e la cartella di pagamento emessa deve essere ritenuta illegittima con conferma della sentenza impugnata.
Ogni altra censura deve essere ritenuta assorbita dal rigetto dei motivi sopra indicati.
Al rigetto dell’appello segue la condanna dell’appellante al pagamento del spese del giudizio che si liquidano in euro 2000,00 oltre accessori di legge.
P.Q,M.
la Commissione conferma la sentenza impugnata e condanna l’Amministrazione Finanziaria appellante al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2000,00, oltre spese generali, IVA e CPA.